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La dichiarazione di fallimento può avvenire su iniziativa del creditore o dello stesso debitore, del curatore fallimentare di una società, limitatamente alla richiesta che il fallimento sia esteso anche al socio occulto o di fatto e del p.m.. Quest’ultimo, però, può proporre istanza di fallimento solo:

L’organo principale investito dell’intera procedura fallimentare è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa; tutti i suoi provvedimenti sono pronunciati per decreto.
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge innanzi al tribunale, in composizione collegiale, con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio; il procedimento può essere affidato anche ad un giudice relatore, nominato dal presidente del tribunale.

L’istruttoria prefallimentare (art.15 legge fallimentare): è la procedura che segue alla domanda, propedeutica alla dichiarazione di fallimento, che ha il compito di accertare che sussistano i presupposti necessari ai fini della fallibilità.
I passaggi previsti sono:

L’esito della procedura
La procedura può concludere con:

Il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore con sentenza (art. 16 legge fallimentare) che, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, è notificata, su richiesta del cancelliere, al p.m., al debitore ed è comunicata per estratto, ex art. 136 c.p.c., al curatore ed al richiedente il fallimento.
L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza

La sentenza dichiarativa di fallimento produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione, mentre nei confronti dei terzi gli effetti si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese.
Contro la sentenza, infine, si può proporre reclamo entro 30gg..

Effetti patrimoniali:

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