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Secondo la giurisprudenza di legittimità, civile e tributaria, in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non devono essere necessariamente più di uno.
Il Giudice può fondare, infatti, il proprio convincimento anche su un unico elemento, preciso e grave; la valutazione di tale rilevanza non sarà sindacabile in sede di legittimità, laddove sarà sorretta da una motivazione adeguata e non contraddittoria.

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Le Commissioni Tributarie possono utilizzare le presunzioni legali previste dal legislatore.
Il Giudice, allorquando le presunzioni non offrano garanzie sufficienti al cittadino, può rimettere alla Corte Costituzionale le questioni sollevate nel processo che non siano manifestamente infondate.
Necessarie sono due precisazioni riguardo all’utilizzo delle presunzioni da parte del Giudice tributario:
– devono essere ammesse soltanto presunzioni gravi, precise e concordanti;
– il Giudice deve sollecitare il contradditorio tra le parti sul determinato punto, invitandole a discutere sui fatti che sono alla base del presuntivo ragionamento e riguardo all’eventuale ricorrenza , nel caso in esame, dei requisiti sopra richiamati.

Il D.P,R. 29/09/1973 n. 600, con riferimento alla materia tributaria, nell’ambito degli accertamenti sintetici afferma che: “L’incompletezza, la falsità’ e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all’articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”.

La Cass. n. 33223/18 ha stabilito che, in tema di accertamento tributario, è legittimo l’utilizzo di qualsiasi elemento che abbia valore indiziario, acquisito eventualmente anche in modo irrituale, ad eccezione di quelli inutilizzabili per specifica disposizione di legge, fatti salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti di rango costituzionale.

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